Istituto Brignole: come la politica ai tempi di Burlando decapità la sanità ligure

istituto_brignoleL’Istituto Brignole è una ASP (azienda pubblica di servizi) storica di Genova. Lascito delle strutture di protezione storiche della città, aveva sede nell’Albergo dei Poveri che è attualmente sede di alcune facoltà dell’Università di Genova. La storia dell’Istituto negli ultimi anni è stata molto travagliata: trasferendosi in alcune strutture residenziali site in diversi punti della città ha accumulato fortissimi debiti (nel 2010 intorno ai 40 miliardi di euro) di gestione. Nel 2012 gli addetti con 75 giorni di occupazione hanno bloccato la privatizzazione dell’istituto che contava più di 250 lavoratrici e lavoratori. L’Istituto è stato quindi commissariato dalla Regione Liguria che ha dovuto rinunciare alla privatizzazione ma ha ottenuto l’avvio di una procedura di spacchettamento ed esternalizzazione mentre i lavoratori passavano in parte ad un contratto di sanità privata. Le lotte del 2012-2013 hanno quindi bloccato la svendita totale dell’Istituto ma hanno significato sacrifici per i lavoratori che hanno mantenuto alcune tutele salariali come il “superminimo” a fronte di aumenti dell’orario e altre diminuzioni di tutele. Ma la cosa più grave è l’avvio delle esternalizzazioni con l’ingresso di una cooperativa con sede a Bergamo la KCS, che ha rilevato la struttura di Corso Firenze e di Rivarolo e probabilmente sta per annettersi anche la struttura di Coronata.

Il passaggio delle esternalizzazioni significa un decremento delle tutele per i lavoratori, una diminuzione delle professionalità e non comporta nessun risparmio per il servizio e i costi del pubblico. La KCS aveva già messo le mani sul piatto dell’Istituto Brignole con i servizi di pulizie e ristorazione. Con l’operazione in corso si vuole privatizzare di nascosto l’intera struttura mentre dirigenti e amministratori non hanno pagato un euro per il debito accumulato.

La malagestione dell’Istituto è evidente a cominciare da strutture già costruite e mai utilizzate (come quella di Sampierdarena) per mancanze strutturali. Su questo ci sono evidenti responsabilità della politica e dei dirigenti nominati i quali non verranno mai puniti.

Chi paga sono i lavoratori e gli utenti del servizio (anziani e disabili).

La malagestione degli istituti pubblici o a sistema misto è il metodo con il quale la politica dilapida i patrimoni per poi giustificare le privatizzazioni. Queste non comportano un euro di risparmio reale per l’amministrazione e servono solo a garantire i profitti di speculatori privati o di cooperative che sono a tutti gli effetti delle imprese commerciali.

A questo proposito ricordiamo che in Regione Liguria si applica per lo sviluppo della pianta organica il concetto del minutaggio assistenziale. Tale strumento nasce per sopperire a forza lavoro considerando l’utente fragile un pezzo di produzione dove a tal minuti corrisponde una prestazione. Il minutaggio in sanità non può essere considerato un concetto manifatturiero dove il professionista sanitario ha a disposizione tot numeri di minuto per elargire una prestazione. Altre regioni applicano una regola semplice dove a tot pazienti corrispondono tot operatori presenti obbligatoriamente in reparto. Il giochino del minutaggio è invece la scappatoia che impedisce di fatto in caso di malattie, infortuni, maternità, 104, ect l’effettiva presenza in reparto andando a scapito dell’assistenza diretta del paziente.

Salvare il patrimonio pubblico non significa quindi salvare la proprietà di qualche politico o di qualche amministratore nominato e intoccabile ma significa tenere le condizioni minime per tutelare lavoratori e pazienti. Per farlo occorre lottare contro le privatizzazioni ma anche imporre nuovi criteri di gestione gestiti direttamente da chi lavora nelle strutture a contatto con i pazienti e le fasce più deboli della società.

Per questo diciamo no ad ulteriori esternalizzazioni e chiediamo che l’Istituto venga gestito in maniera trasparente e sotto il controllo dei rappresentanti dei lavoratori.

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