La scuola caserma del Governo Renzi

2014_10_23_massa_studenti_lavoratoriAlla fine, delle centinaia di pagine che costituivano la cosiddetta “buona scuola” del governo Renzi è rimasto ben poco. Annunciata come riforma epocale in estate, il documento di Renzi è rimasto on line per mesi mentre pochissimi docenti rispondevano ad un sondaggio di gradimento pluripubblicizzato da tutte le istituzioni scolastiche e dai peggiori sindacati che passavano in assemblee unitarie spiegando ai docenti che era giusto partecipare a un sondaggio dove si poteva solo approvare. A dire il vero, quel documento era controverso: mentre da un lato riprendeva tutta la propaganda per trasformare in senso privatistico la scuola pubblica dall’altro annunciava un piano di investimenti che avrebbe portato all’immissione in ruolo di circa 150 mila precari. Più volte il Governo ha quindi procrastinato il passaggio di quel documento a legge e alla fine il giorno 13 marzo ha partorito l’ennesima serie di diapositive che illustrano un testo di decreto legge di cui bisognerà valutare bene ogni aspetto. Il rapporto del futuro disegno di legge con la “buona scuola” è molto vago. Delle assunzioni in ruolo si sa che sono diminuite di un terzo e non si sa neppure con quale scadenza. Per il resto emerge soprattutto la stretta organizzativa sul funzionamento scolastico con l’attribuzione di poteri spropositati al preside manager che fornito di collaboratori di sua nomina dovrebbe gestire la scuola assumendo personale, premiando un gruppettino di docenti per un merito che nessuno capisce cos’è. Si crea cioè un super clan formato da un dirigente infallibile che con alcuni collaboratori superpagati può decidere quasi tutto, dalla didattica agli stipendi. Nel contempo si regalano ulteriori soldi alle scuole alle private (da anni la Costituzione è aria fritta… ) e si preannuncia che torneranno gli scatti di anzianità che nel progetto originario dovevano sparire per essere sostituiti con avanzamenti di merito. Su questo punto è da segnalare l’esultanza dei sindacati complici che spacciano una sconfitta per una vittoria. Gli scatti infatti non sono mai spariti perché il contratto collettivo nazionale non è stato abolito. Semplicemente non si rinnova da anni e gli scatti sono stati bloccati da ripetuti decreti di bilancio non solo per i docenti. A ben vedere, il Governo non ha rimesso nulla: anzi lascia tutto come prima e gli scatti non arriveranno finché non decideranno di togliere il blocco. Un sindacato serio, oltre a fare le barricate contro la gerarchizzazione prevista dal disegno di legge dovrebbe scioperare per sbloccare i contratti, rinnovarli e chiedere di riavere indietro i soldi estorti in questi anni. Ciò metterebbe in difficoltà il governo più di qualsiasi tirata contro il venir meno di funzioni collegiali che hanno sempre funzionato pochissimo e che, se non radicalmente rivisti, da sono da anni sono un insulto all’intelligenza di chi nella scuola ci lavora in condizioni sempre peggiori.

Detto questo, la situazione dei docenti si appresta in fretta a diventare molto simile a quella di altri dipendenti pubblici o privati i cui stipendi sono sempre più magri e il cui lavoro diventa sempre più complicato mentre la pensione è un miraggio lontano.Mentre il jobs act colpirà indiscriminatamente il mondo del lavoro privato, le privatizzazioni azzereranno il settore pubblico e anche la scuola subirà quel processo di aziendalizzazione che da anni procede a strappi. Il ruolo dei docenti in questa fase è però particolarmente importante; difendendo il loro lavoro difendono una idea di formazione pubblica che è la base per creare cittadini e lavoratori consci di alcuni diritti minimi. E’ davvero in crisi l’idea che i docenti vivano in un mondo a parte in cui si limitano a compatire quei genitori che mandano a scuola i figli lamentandosi dei costi perché hanno perso il lavoro, hanno il mutuo che gli porta via mezzo stipendio o non riescono a pagare l’affitto. Oggi la sottrazione dei diritti e delle tutele non fa sconti a nessuno. Non esistono categorie protette in prospettiva. Per questo le lotte dei docenti non possono restare nella scuola ma aprirsi alle lotte nella società per un lavoro e per un salario decente per tutti. E magari per una gestione della scuola pubblica il cui controllo sul merito e sui risultati sia esercitato da coloro che ci lavorano dal basso e non da dirigenti nominati dall’alto.

Un docente del Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Genova

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